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Sito dell'Associazione Italiana per lo Studio e Ricerca sui Comportamenti Violenti -CRCV- Italy. ---------- Violent Behavior and Prevention Research Center - VBRC -Au-- Lorenzi Alfredo, Neurobiol, Neurosc.Human Behavior Biosincr - Basil--Davis CA -- Karin Hofmann, Phd Aggressive Behavior--Au

Caso Tenco,appunti per una analisi personologica e morte,corso Neurosc.Comport. Lorenzi 1a

Comincio a farvi capire il tempo di cui parliamo: Da "L'Europeo" n.48/1969
"Non sono schiava degli uomini, anzi"
La seconda parte è qui   http://psicov.blogspot.it/2012/11/luigitenco-appunti-per-una-analisi_23.html

La principale interprete del film "Il conformista", tratto dal romanzo di Moravia, è la più giovane tra le attrici italiane: Stefania Sandrelli. Insicura, forse, nella vita, dimostra un eccezionale temperamento davanti alla macchina da presa: a ventitré anni è già la più intrigante delle nostre star. E non è una diva.[...]
Lei ha conosciuto suo padre?
Non per molto tempo, morì quando avevo sette anni. [...] Non abbiamo mai avuto una vera e normale guida paterna.
Così Paoli...
Lo vedevo un po' come un padre, sì. Certi pensano che sia uno scriteriato, un folle, una persona
crudele. Io lo conoscevo bene, sapevo che è molto ma molto intelligente, che è buonissimo, che è un uomo con la testa sulle spalle. Avevo fiducia in lui, mi affidavo a lui completamente. Ma lui con me ha sbagliato. Non mi ha insegnato niente perché voleva che io rimanessi quella che ero: una ragazzetta.
Anche Luigi Tenco fece lo stesso errore?
Bé. la storia di Tenco è... cosa posso dire? Davvero non lo so... Santo cielo, a questa domanda non sono preparata, nessuno me l'ha fatta mai... Penso che solo adesso la relazione che ho avuto con lui acquisti un sapore amaro. Era una persona molto umana e molto sensibile, forse troppo. Mi ha sempre voluto aiutare. Mi diceva sempre che di qualsiasi cosa avessi avuto bisogno, in qualsiasi momento, lui si sarebbe fatto in quattro per aiutarmi.
Gli voleva bene?
No, devo dire che non gli volevo bene. Se c'è una cosa che proprio non gli volevo, è il bene. Mi piaceva il modo calmo che aveva di parlare, mi piaceva sapere che mi amava: però di lui non mi importava un granché. Non so. Non ci ho mai pensato... Proprio oggi ascoltavo un nastro di canzoni sue, e mi sono chiesta cos'era Tenco per me. Bé, non lo so. Non ne ho idea. Non ho mai pensato molto a lui. Era un'abitudine, una persona che vedevo ogni tanto, che ogni tanto mi veniva in mente: proprio in quei momenti lui telefonava, e stavamo un po' insieme. Dopo la sua morte ho sentito, ogni tanto, come degli spazi vuoti: e solo allora ho capito che la nostra era stata una storia molto triste.
[...] Lietta Tornabuoni


Sandrelli: avrei voluto avere dieci figli anche se da dieci compagni diversi

Stefania: a 15 anni scappavo dalla finestra di casa per correre da Gino Paoli

L' attrice racconta quarant' anni di cinema e amori. «Mia madre mi chiamava Mercurio, ero una forza della natura, inarrestabile» Sandrelli: avrei voluto avere dieci figli anche se da dieci compagni diversi Stefania: a 15 anni scappavo dalla finestra di casa per correre da Gino Paoli ROMA - «Era la sera del mio quindicesimo compleanno, 5 giugno 1961. Alla Bussola di Viareggio cantava Gino Paoli... L' avevo visto in Tv, mi piaceva tanto, amavo quel suo modo nuovo di cantare, diverso da tutti gli altri. Mi vestii elegante, un abito verde acqua, scollato, con delle frange qui, sotto al seno. Mi precipitai, volevo conquistarlo e ho fatto di tutto, ma proprio di tutto, per farmi invitare a ballare. Ero pronta. Lui chiede subito: quanti anni hai? E io, sfrontata: 15. Mi scosta subito, mi allontana, poi... è cominciata una storia d' amore che ancora non finisce e forse non finirà mai. Per vederlo, di nascosto da mia madre, mi calavo dalla finestra, di notte, dal secondo piano di casa, fuggivamo via felici con la sua "Triumph" scoperta: all' alba, la cameriera, complice, mi faceva rientrare in camera...». Una mattina di primavera, a casa di Stefania Sandrelli - un appartamento immerso nel verde - per ascoltare i suoi ricordi e scoprire il segreto della sua vitalità e del suo sereno successo. Prendiamo un caffè mentre l' Auditel conferma: «Anche giovedì sera, con Il bello delle donne, su Canale 5, abbiamo vinto...». Pochi giorni fa Stefania è saltata in aria nel Maresciallo Rocca, altro ascolto record, della Rai. Al cinema è la madre cinquantenne alla ricerca di emozioni nell' Ultimo Bacio di Gabriele Muccino, il regista-rivelazione della stagione e - fra poche settimane - riapparirà dopo un lungo restauro uno dei capolavori di Ettore Scola, C' eravamo tanto amati, in cui lei è Luciana, la protagonista amata e contesa da Gassman, Manfredi, Satta Flores. Tutto era cominciato proprio in quell' estate del 1961. Una foto, una copertina (sul settimanale Le Ore), una telefonata per un provino, l' arrivo a Roma da Pietro Germi: «Accompagnata da mio fratello Sergio. Il regista era un bell' uomo, i capelli lunghi, il sigaro, vestiva un po' all' americana, da cow-boy. Non mi scelse subito, aspettò due mesi. Nel frattempo, girai due film: Gioventù di notte, di Mario Sequi e Il federale, di Luciano Salce. Germi si infuriò, ma poi mi chiamò in Sicilia per Divorzio all' italiana...». Nel 1961, la vita della quindicenne toscana viene rivoluzionata dal cinema, da Roma - «un colpo di fulmine immediato, mi consegnai a questa città per sempre» - e da Paoli: «Non mi aveva detto di essere sposato, me lo disse molto tempo dopo una zia. Non avrei mai voluto rubare il marito a un' altra, e con Anna, sua moglie, ne parlammo tanto, dopo... I miei volevano che interrompessi questa storia, ma io ero pazza di lui: facevamo l' amore al mare, sulla sabbia o in pineta... ricordo gli aghi di pino che mi pungevano la schiena, il jazz che ascoltavamo insieme, le sue canzoni...». Sapore di sale? «Chissà se è proprio dedicata a me... è vero, sono uscita tante volte dall' acqua del mare, ma lui aveva tante donne, mi diceva un sacco di bugie. Sono sicuramente in Che cosa c' è...». Nell' estate del 1963, Stefania e Gino litigano più forte del solito, mamma Florida non dice a lei che lui telefona tutti i giorni, lui si dispera, si infuria, si spara un proiettile nel cuore... Stefania è a Sciacca, sta girando Sedotta e abbandonata, Germi la avverte e la fa partire immediatamente: «Tentai di sdrammatizzare la situazione, cercando di essere positiva, gli chiesi: ma se dici che mi ami tanto, perché vuoi morire? Gino non stava bene, quella sera, forse aveva bevuto... non si è reso conto, credo, di quello che stava accadendo. Facemmo pace subito, l' anno dopo nacque Amanda, siamo stati insieme fino al 1968, fino alla morte di mia madre». Passioni e cinema. Amori e scelte professionali si intrecciano nella vita di una donna che ha sempre e comunque difeso una sua normalità, «dicono che io sia una trasgressiva, ma io mi sento una persona semplicissima». Pietro Sandrelli, fiorentino trasferito in Versilia, padre di Stefania, desiderava per la figlia un futuro di attrice: «L' ho scoperto da un ritaglio, mandò la mia foto di bambina a un concorso. Morì che io avevo solo otto anni, ma ricordo tutto di lui: mi portava con sé, mi chiamava la sua donnina, mi aspettava dopo la scuola in cima alla scala di casa, con le braccia allargate e io volavo verso di lui, tutti i giorni... Vivevamo in una casa immensa, tutti assieme: i fratelli di papà con le loro famiglie, i nonni paterni, i parenti di mamma, anche i camerieri della nostra pensione, la pensione Sandrelli, abitavano con noi. Il Gari, soprannome di Otello Giannetti, lo chiamavano così da ragazzini perché imitava la statua di Garibaldi, il signore che ti ha aperto la porta di casa, lui è stato il secondo marito di mamma e mi ha fatto un po' da padre. È sempre con me. Ridevamo tanto, sono sicura che faccia bene vivere in una grande famiglia, misurarsi con tante diverse personalità... avrei voluto dieci figli anche io, come mia nonna, anche se rischiavo di averli con dieci uomini diversi. Mia madre mi chiamava Mercurio, ero una forza della natura, inarrestabile».

Palombelli Barbara



Gino Paoli, narcisismo a mille.
Senatore indipendente del PdRC, dichiarando che ne è rimasto deluso, pur prendendosi i soldi e la pensione. Mia

ROMA - "Mi è tornata la voglia di raccontare storie, la stessa voglia che 50 anni fa mi portò a scrivere "La gatta". Per anni mi hanno considerato solo il cantore dell'amore e alla fine lo sono diventato davvero: ma io non so proprio cosa sia, l'amore".

Gino Paoli festeggia i 50 anni di carriera con Storie, il primo album di inediti da 5 anni a questa parte, e a marzo partirà per un tour nei teatri. Ieri sera, all'Auditorium di Roma, il cantautore genovese ha presentato in anteprima i brani del nuovo disco, che esce venerdì e che, diversamente dal solito, si annuncia con pochi brani d'amore e molte canzoni caratterizzate invece da tematiche forti, dallo stupro alla pedofilia, fino all'omicidio per amore e al senso della morte.

La canzone più controversa dell'album è "Il pettirosso" che racconta lo stupro di una bimba di undici anni da parte di un settantenne. C'è un senso di pietà che spiazza. 
"Questa canzone nasce dalla pretesa di umanità per tutti e due i protagonisti, anche del mostro. Il vecchio è un border line che non sa cosa è bene e cosa è male. Lo stupro non si consuma fino in fondo, il vecchio ha un attacco di cuore mentre tenta la violenza e la bambina che lo vede a terra morente prova pietà invece di odio, anche perché priva di sovrastrutture. Credo ci sia della pietas greca, la comprensione invece della condanna: solo così in una società si evitano gli sbagli nel futuro. Dovrebbe insegnarci molte cose, se guardiamo agli ultimi avvenimenti".

Tra l'87 e il '92 lei ha vissuto un'esperienza politica, venne eletto deputato nelle liste del Pci. Come vede la situazione politica di oggi? 
"Oggi, molto più che allora, la politica punta al privilegio e al potere più che alla funzione che dovrebbe svolgere. È ormai un fenomeno che riguarda tutti i partiti. Certo, qualcuno che si salva ancora c'è, in entrambe gli schieramenti, ma sono decisamente in minoranza. La politica però è lo specchio di ciò che siamo diventati come italiani. Una soluzione non c'è, nella realtà. La vedo possibile solo su un piano utopico: bisognerebbe ripartire dall'educazione, dalle scuole, dove andrebbe insegnato il senso di responsabilità, e che l'onestà è più importante della furbizia. Andrebbe insegnata soprattutto l'educazione civica".

Cinquant'anni di carriera e non è stato mai tentato dallo scrivere un'autobiografia.
"Una delle cose più importanti del nostro gruppo di cantautori di Genova, e con questo intendo dire io, Tenco, Bindi, Lauzi, De André e più tardi Gaber e Jannacci, è che non ci siamo mai presi troppo sul serio. Per questo penso che non mi considero importante al punto da affidare i miei ricordi ad un'autobiografia".

Per la verità Bruno Lauzi ne scrisse una: in "Tanto domani mi sveglio" racconta di come Luigi Tenco ironizzò una volta sul suicidio che lei aveva tentato.

"Con Luigi c'era una strana amicizia, la definirei un'"amicizia competitiva", un rapporto simile a quello che c'è tra due fratelli. Lui, visto che ero sposato, non voleva che andassi con Stefania Sandrelli. Per questo ci andò a letto, per dimostrarmi che era una ragazza facile. Fu un motivo di screzio tra noi e l'incontro di cui parla Lauzi si riferisce a quel periodo, quando Tenco si presentò nel bar in cui eravamo, con una pistola in tasca, dicendo a Bruno se io volessi riprovare. Vivo ancora con un senso di colpa il pensiero del suo suicidio: credo che in quella competizione tra noi giocasse un ruolo anche l'imitazione del fratello minore, qual era lui, per il fratello maggiore. Quando appresi la notizia capii subito: si era ucciso strafatto di whisky e di pasticche di Pronox, un mix che aveva scoperto nei viaggi giovanili in Svezia".

E a proposito del suicidio che lei stesso tentò, cosa ricorda?
"Che avevo 27 anni e mi sembrava di avere ormai raggiunto e ottenuto tutto. Il successo rende stronzi, strafottenti, onnipotenti: avevo quattro macchine di lusso in garage, ero straricco, vivevo in un palazzo del Quattrocento e stavo contemporaneamente con le donne più belle d'Italia, la mia prima moglie, Stefania Sandrelli e Ornella Vanoni. "Voglio andare a vedere un'altra cosa", mi dicevo. Mi sono sparato al cuore con la Derringer 22 quando mi sono accorto che i 50 sonniferi che avevo ingerito non facevano effetto, sono partito verso il cielo con un razzo sul terrazzo. Solo che mi hanno riportato giù".

E da allora molti la considerano un guru cui chiedere segreti e consigli sulla vita.
"Io un guru? Ma io ho solo domande e nessuna risposta. Nella nuova canzone "Due vite" dico che indietro non si può tornare, meglio accettare gli errori. Il gioco è questo e va giocato, pensando che domani sarà migliore. Ognuno deve sempre fare il meglio per quello che può. Non si può cambiare il mondo ma la tua vita sì, e se ognuno fa lo stesso il mondo diventa un posto migliore. Personalmente ho cominciato cercando di metter su una bella casa in campagna in Toscana, per far vivere i miei figli quanto più possibile a contatto con la natura".

Il successo ha sempre travolto tutto e tutti? Mi viene in mente De André, anche lui venne travolto? Lei lo conosceva bene.
"Certo, anche lui è diventato uno stronzo per il successo, a un certo punto della sua vita. Per accettare l'idea di salire sul palco e affrontare il pubblico si scolava bottiglie intere di whisky, e da ubriaco faceva della cagate pazzesche. Una volta prese a sberle il suo manager Sconocchia, e quando la mattina dopo quello gli disse che se ne sarebbe andato, lui cadde dalle nuvole: "Perché, cosa ti ho fatto?". Puni insisteva che cantasse, lo portò con il motoscafo a Levanto, perché si esibisse nel locale che avevo aperto a Levanto, e lui che aveva già accettato si dileguò a un'ora dal concerto. Accettò di cominciare solo quando Bernardini della Bussola si presentò con un assegno in bianco: lui ci mise la cifra, e così ripianò tutti i suoi debiti". 
(22 gennaio 2009)

Paoli scrive al blog di Grillo

Gino Paoli mi ha inviato questa lettera su Luigi Tenco.
"Suona di nuovo il telefono.
Un altro giornalista che vuole farmi delle domande su Luigi.
Ma credo che un amico dovrebbe lasciarlo in pace.
Dicono che le cose sulla sua morte non sono chiare ma chi è che ha tanto interesse che si sappia la verità?
I giornalisti ? Finalmente si scriverà qualcosa di loro, avranno l’articolo in prima pagina
Il magistrato? Anche lui avrà la sua visibilità.
Gli amici che lo hanno conosciuto? Quelli veri staranno zitti e non ne approfitteranno per andare in televisione o sui giornali.
Perfino Vespa avrà una serata coperta con un argomento interessante.
Forse si vuole sia fatta giustizia.
Ma che giustizia è questa che si occupa di un caso dubbio di 30 anni fa e se ne frega di tanti casi in piedi che si trascinano da anni.
Che giustizia è quella che tiene in piedi casi chiari ma gestiti da avvocati furbi e strapagati per tenere fuori di galera madri assassine che sono una manna per gli avvoltoi dell’informazione.
Che giustizia è la giustizia che non esiste per i poveri e gli sconosciuti ma è pronta a tutte le garanzie per i noti e i ricchi?
A Luigi verrebbe il vomito.Lasciatelo dormire."
Gino Paoli.

Luigi Tenco si suicidò 39 anni fa a San Remo. In una delle sue canzoni/poesie cantava:
"Questa/ non è certo la vita/ che hai sognato un giorno per noi/ Vedrai vedrai/ vedrai che cambierà/ forse non sarà domani/ ma un bel giorno cambierà / Vedrai vedrai/ che non sei finito sai/ non so dirti come e quando / ma vedrai che cambierà".
Tenco sognava, già allora, un'Italia diversa. Come noi.
Vedrete che ce la faremo.
Postato da Beppe Grillo alle 15:20 in Muro del pianto | Commenti (926)


Risposta di Renzo Zannardi alla lettera di Gino Paoli al Blog di Beppe Grillo (22-01-06)

Rispondo con indignazione alla lettera di Gino Paoli (che amo e stimo). Luigi Tenco è stato un grande artista e una persona socialmente impegnata. Diceva: "Protesta chi si espone, chi rischia, non chi dice cose ovvie che vanno bene a tutti, levati i matti, s'intende". E andava oltre"Parlagli di divorzio, della mafia e di altre faccende che scottano, e allora vedrai che la gente si arrabbia e ti da addosso" Tu caro Gino sai che Luigi fu censurato in anni che dire certe cose era quasi impossibile, ricordi "Cara Maestra" e "La Ballata del Marinaio" "E se ci diranno" e tutto il resto! Mi piacerebbe sapere perché Dopo il ritrovamento del cadavere di Luigi, e i vari spostamenti (giustificati in modo incredibile dal commissario Molinari nella trasmissione Domenica IN da Bonolis) non venne fatta nemmeno un’autopsia riparatrice! La fanno abitualmente anche agli ottantenni morti in ospedale. La verità è che Tenco era uno scomodo ed era già stato minacciato di morte, a Sanremo era deciso a denunciare le Combines e le schifezze che ruotavano intorno al casinò. Veniamo all'attualità: Paoli ed altri (Zanicchi, Lauzi...) Insinuano che coloro che vogliono la verità siano dei cinici o degli opportunisti. Mentre i veri amici, quelli che lo amavano, desiderano solo che il suo corpo riposi in pace. Peccato che alcuni di loro siano gli stessi che 39 anni fa, mentre Luigi era cadavere in un obitorio, salirono sul palco di Sanremo e cantarono: qualcuno vinse anche quel maledetto festival, e altri, che oggi si dichiarano amici, non si degnarono neppure di accompagnarlo al camposanto (ma restarono in quell'ambiente corrotto a far soldi) Mentre molti "cinici" da 39 anni si battono per far conoscere il grande artista Tenco e smascherare le malefatte e le bugie di quella notte, perchè sono convinti che non sia ne banale ne indifferente se Tenco si sia ucciso o se sia stato ucciso, ritenendo che storia, memoria e verità vadano sempre perseguite anche a distanza di 39 di anni.Grazie Renzo
Renzo Zannardi 22.01.06 23:57 | Rispondi al commento |


Da La domenica di Repubblica , Gino Paoli, pagg. 34 - 35 domenica 1 febbraio 2009


"Ma il più tormentato di questi rapporti era con Luigi Tenco, amico fraterno ma anche inquieto, rivale in amore, competitivo, nei confronti del quale Paoli nel tempo ha sviluppato una sorta di senso di colpa. Ma perchè? << Perchè Luigi era una specie di fratello più giovane, guardava a me come un punto di riferimento. Anche per questo si fece la storia con Stefania Sandrelli, io mi ero messo con lei che aveva diciasette anni e lui disapprovava perchè ero sposato e così pensava di spingermi a tornare con mia moglie. Quando si è ammazzato ho pensato che l'atto, incosciamente o consciamente, fosse stato anche imitativo, per il mio tentato suicidio di tre anni prima. Quando mi successe, lui è rimasto ore fuori dalla porta per sapere se morivo o vivevo, rimase molto scioccato, e quindi ho pensato che in quel gesto ci fosse un elemento di imitazione, solo ch eio mi sono svegliato e ho preso gli applausi, lui no.>>

Non è incredibile, a pensarci dopo tanti anni, che il festival non si sia fermato, visto che Tenco era lì in gara? <<Una cosa è certa, se c'ero io il festival si fermava, mi ricordo che tre giorni dopo incontrai Dalla, e lo attaccai al muro: ma come tu che sei il mio delfino, ti ho tirato fuori io, e tu vai lì a cantare Bisogna saper perdere...ma sei matto? Qualcuno ci provò, ma lo spettacolo deve continuare, e questa è un'idiozia clamorosa>>.

Ciò che scrivo serve solo per evidenziare che i rapporti fra i due non erano per niente sanati se al 31/12/1966 gli bruciava ancora l'onta ricevuta e se appena dopo il 27/1/1967 non manifestò tolleranza verso il gesto di Luigi.

Rifacendomi al fatto che i due, 7 anni prima, avevano entrambi inciso lo stesso disco (in quello di paoli Luigi fa anche il coretto) e che questo disco ha per titolo, guarda caso "senza parole", feci capire a questa ragazza che avrei voluto pubblicare un articolo dal titolo "paoli e Tenco amici...senza parole" dove mi sarei comunque preoccupato di non toccare l'argomento Sandrelli.
Ma al consiglio richiesto ricevetti una risposta molto perplessa sulla parola "amici". Devo sottolineare che ho conosciuto anche altri amici di Luigi ed il giudizio verso gino non era per niente dissimile, al punto che intorno al 2002 arrivarono perfino a pubblicare un piccolo trafiletto in proposito sul giornale di Genova il Secolo XIX.
Però, nonostante tutto, ritengo che ci sia una logica nelle parole recenti. paoli, a mio parere, sa bene che ha perso la stima di persone che potevano essere care e vive il fatto di Luigi come una colpa che porta dentro. Questo, a distanza di anni, gli fa dire "se c'ero io" oppure "ho attaccato al muro L.Dalla" semplicemente perché prova a rimuovere il suo senso di colpa.
Del resto è pur vero che in una intervista audio del 1962 (un anno prima della rottura del rapporto) Luigi parla di gino come di un amico e dunque se amicizia c'era la ferita è, per forza, ancora oggi aperta.
Credo dunque che il sentimento con cui oggi paoli parla di Luigi sia sincero (anche se si tratta di alcuni "desiderata" tardivi) e la grande bontà d'animo di Luigi lo avrebbe premiato con la riconciliazione.
Per parte mia comunque, non me ne voglia gino, continuerò a scrivere paoli minuscolo e Tenco con la lettera maiuscola.

Patty al Piper Viareggio 1967







1) Oggi abbiamo le prove che Luigi il 26 gennaio al festival di Sanremo cantò discretamente bene. Personalmente quell’interpretazione la conoscevo benissimo (l’avevo ascoltata almeno 100 volte) perché il 26, con il mio “gelosino”, la registrai direttamente dalla tv. Poi, purtroppo, mia nonna involontariamente la cancellò. Da quando l’audio live è stato ritrovato e reso pubblico tramite la rete, siamo tutti in grado di fare delle valutazioni personali ma anche oggettive (come se ritrovassimo il video). L’audio live è stato anche sottoposto (da una persona che io, ilmioregno, gulliveriana e faustonet, abbiamo conosciuto) a un istituto di musicologia svizzero che l’ha smontato e studiato professionalmente. La conclusione che ci fu riferita sostanzialmente è questa: Luigi cantò bene -vi sono solo due calate- che sono dovuti a divergenze con l’orchestra ma che Luigi recuperò subito. Se Luigi avesse bevuto 35 whisky credi veramente che sarebbe andata così? Molti sostengono che era “strafatto” solo perché cantò con gli occhi chiusi e con i pugni serrati… Invito queste persone a osservare attentamente (in parallelo) le fotografie esistenti delle prove, con quelle dell’interpretazione del 26. La comparazione, che io naturalmente ho fatto, dimostra che Luigi negli stessi passaggi della canzone adotta le medesime posture. Allora non sarebbe intellettualmente più onesto riconoscere, che sull’emozione della drammatica morte ci si era sbagliati…, non sarebbe più giusto ammettere che si trattava semplicemente dell’uso della mimica corporea usata come rafforzativo del testo? Se non bastasse perché non controllare se fosse per Tenco una consuetudine tecnica l’uso del corpo quando era presente la tv? Basterebbe visionare i vari video rai, in particolare la sua interpretazione live di “Vedrai, Vedrai” al pianoforte per valutare se gli occhi sono aperti o chiusi, ma anche il video come quello di “ Lontano, lontano”...

2) Luigi attese i risultati appisolato su di un tavolo da biliardo (effetto pronox?). Quando si svegliò e seppe dell'eliminazione, s’incazzò al punto che mandò a quel paese Vivarelli, sgommò e saltò la cena per andare a telefonare in pace in camera sua. Chiamò Melis che si negò. Sapeva che l’avrebbe mandarlo a cagare, poi chiamò Valeria (lei riferisce che era ancora imbufalito) per annunciarle che aveva scritto una lettera per una conferenza stampa da tenersi il giorno dopo. Nella conferenza stampa intendeva denunciare i responsabili delle scommesse clandestine… (lettera mai trovata), scrisse il famoso biglietto, poi, secondo la ricostruzione ufficiale, si sparò un colpo alla testa mantenendo l’accortezza di estrarre il caricatore e mettere in bella vista sul comò il suo porto d'armi. Se fosse stato “strafatto” di pronox (con componente di barbiturici") sarebbe andato molto prima in "overdose" (forse ne bastavano 10 pastiglie) e non avrebbe neppure avuto bisogno di una pistola. Se invece ne avesse prese solo 5 si sarebbe addormentato mentre telefonava a Melis e svegliato il giorno dopo, se ne avesse presa 1 o 2, magari prima di cantare come facevano tutti, forse con il rilassamento post prestazione si sarebbe anche potuto appisolare, magari su di un biliardo, in attesa dei risultati. Balans21

@Faustonet: ti ricordo che la moglie di Giorgio Gaber, in un “dopo festival” da Bruno Vespa, raccontò che lei quella maledetta sera fu molto sorpresa dell’accaduto. Fece presente che fu proprio Luigi, prima dell'esibizione di Giorgio, ad incitarlo ad uscire sul palco (perché Giorgio tremava). Mi pare di ricordare che Ombretta Colli, nel riportò così quello che disse Tenco: "Belin, dobbiamo solo cantare una canzone non dobbiamo mica giocarci le sorti del mondo..." (magari la frase non era proprio così ma il senso certamente. Forse puoi rintracciare il video della serata su teche rai). Caro Fausto, come vedi ognuno riporta delle sensazioni personali… non delle certezze. Ad esempio: nel libro di Mike Bongiorno (“La versione di Mike” Oscar Mondadori 2007) a pag. 190/191 Maike parla della morte di Luigi e racconta così: “ La sera in cui doveva salire sul palcoscenico per cantare -Ciao Amore, Ciao- avevo notato che Tenco era fuori di sé. E non voleva assolutamente presentarsi" Insomma come fece Gaber! "In quel momento conduceva la mia collega Renata Mauro, e io da dietro le quinte lo dovetti spingerlo con forza”. Mike sostiene che Luigi gli disse: “Canto questa poi ho finito …”. In altra intervista –audio- i puntini qui presenti erano sostituiti con la frase compiuta “CON LA MUSICA LRGGERA” e non mi sembra un’omissione da poco. Mike prosegue: “Continuai a chiedermi fino alla fine dello spettacolo che cosa volesse significare quella frase. Purtroppo quando rientri in albergo mi vennero tutti incontro gridando e piangendo. “Mike, Mike…Luigi si è suicidato. Era già arrivata la polizia e stavano interrogando la cantante francese Dalida, che ERA CON LUI NEL MOMENTO DEL TRAGICO EPISODIO”. Forse Mike rientro in albergo al mattino? Il racconto continua così: “La sua morte è stata a lungo avvolta da un velo di mistero, e non si è mai saputo se si sia effettivamente suicidato o se gli sia partito ACCIDENTALMENTE un colpo dalla sua pistola che TENEVA SEMPRE CON SE’. Quel che è certo è che lo shock causato dal gesto di Tenco innescò una seria riflessione sul –sistema- dei giudizi a Sanremo, e passò alla storia come un gesto di ribellione e di protesta, in anticipo sul movimento di contestazione giovanile che di lì a poco sarebbe scoppiato in tutta Europa. Negli anni successivi le sue canzoni, che erano state tanto criticate, divennero invece dei bestseller e sono eseguite ancora oggi, e Luigi Tenco se fosse vivo sarebbe ancora tra i cantautori più amati”. Troppo buono Mike!

Caro Fausto, ti ho riportato tutta questa dichiarazione solo per farti capire quante sono le contraddizioni presenti nella memoria della gente di spettacolo, sia in quelli che erano presenti sia in quelli assenti. Ti voglio anche ricordare che i presenti erano TUTTI affaccendati in tutt’altre cose, infatti, il giorno dopo cantarono (o presentarono) senza neppure partecipare all’ultimo saluto al collega o amico (pensarono solo alla loro carriera).

Mi pare che le informazioni che ci ha fornito vercchifan, su alcol e Pronox, siano di tutt’altra valenza, fattori molto più seri e oggettivi. Lui parla di come avrebbe potuto agire quel farmaco, e mi pare lo riporti con competenza e non per sentito dire o sensazione personale (come ho detto l’ho verificato anch’io con dei professionisti). Più che riportare opinioni credo che dovremmo confrontarci con forza su questo argomento, magari tentare di trovare una risposta alle domande che ho posto:

Può, uno “strafatto” di alcol e Pronox (strafatto significa che ne ha assunto in grandissime quantità), cantare, recuperare due errori, dormire, svegliarsi, litigare, guidare, telefonare, scrivere quel biglietto e poi spararsi un colpo alla testa (non perché ha deciso di morire lucidamente ma solo perché è “strafatto)? Tutto questo può avvenire a più di quattro ore di distanza dall’assunzione di alcol e pronox? Personalmente credo di no. Credo anche che sostenere questa tesi (si è sparato perché era “strafatto” ) suoni come un insulto alla memoria di Luigi Tenco.

Un momento, Ilmioregno, un momento! Precisiamo:

1) Io non metto mica in discussione il tentato suicidio di Paoli del 1963: verosimilmente, si trattò di un’”overdose” di psicofarmaci, peraltro poco tossici, a giudicare dalla cifra riferita di 50 compresse (col fenobarbital infatti, ne bastava una cifra molto minore, come dimostra l’esempio dello stesso Pavese e di molti altri). Del resto, conta anche la tempestività dell’intervento. E comunque, in tal senso, il tentato suicidio di Gino può essere paragonabile al primo tentativo compiuto da Dalidà, circa un mese dopo la morte di Luigi. Escludo invece che Paoli si sia realmente sparato un colpo al cuore perché, in tal caso, la mortalità è praticamente certa.


@vecchifan; ilmioregno: la discussione sul I° punto mi sembra abbastanza completa e non ho nulla da aggiungere se non che Luigi (nel 1963) andò a trovare Gino all’ospedale, dopo il tentato suicidio, e non venne ricevuto.




Negli ultimi anni stiamo assistendo a una sorta di “recupero” della memoria perduta sui casi di sangue avvenuti in Italia. La morte di Luigi Tenco sembra destinata a una revisione dei fatti senza precedenti.
Fino a oggi la vicenda è stato archiviato come “suicidio” ma un libro-inchiesta riapre invece il caso con novità sorprendenti. La più importante attiene all’arma che ha ucciso il cantautore. La Polizia archiviò nel 1967 affermando che a causare la morte di Luigi Tenco era stata la Walther PPk 7.65 in possesso della vittima. Dopo quarantacinque anni quell’affermazione è smentita appieno dall’inchiesta “Luigi Tenco. Storia di un omicidio” scritta da Nicola Guarneri (giornalista) e Pasquale Ragone (criminologo), edita da Tabula Fati Edizioni nel luglio 2011 ma che oggi vede una seconda ristampa sia alla luce delle ottime vendite della prima edizione, sia per aggiornare l’opera con rivelazioni sconcertanti: per quasi mezzo secolo la Polizia non ha notato che sul bossolo repertato la notte del delitto non sono presenti le tracce di una Walther PPk 7.65 ma unicamente quelle di una Beretta modello 70 in calibro 7.65.
Le operazioni di confronto balistico sono state accuratamente eseguite grazie all’indispensabile collaborazione del professor Martino Farneti, già Direttore proprio del Reparto Balistico dell’Ert di Roma che nel 2006 ha avuto mandato, da parte del procuratore Mariano Gagliano titolare a Sanremo delle nuove indagini, di eseguire tutti gli accertamenti che nel 1967 non erano stati eseguiti.
Nel 2006 l’Ert compie le operazioni commettendo un grave errore: sbaglia le comparazioni balistiche non rilevando che, sul bossolo rinvenuto sulla scena del crimine all’epoca dei fatti, vi sono invece le tracce di una pistola diversa dalla Walther PPk della vittima. A questa scoperta se ne aggiunge un’altra, vale a dire l’utilizzo di un silenziatore, riscontrabile grazie all’incrociarsi degli accertamenti balistici con quelli medico-legali. Solo pochi giorni fa è stata annunciata dagli stessi autori la pubblicazione di tali novità decisive per la riapertura delle indagini. Con Guarneri e Ragone un team tecnico-giornalistico ha preso parte all’annuncio a Roma, presso la libreria Arion Esposizioni, fra i quali il professor Francesco Bruno, criminologo di fama che ha anche scritto la prefazione al libro, il professor Martino Farneti, del quale è presente la relazione balistica all’interno dell’inchiesta, fino al biografo tenchiano Aldo Fegatelli Colonna.
L’evento è stata l’occasione anche per far porre la parola fine sulle speculazioni inerenti il biglietto attribuito al cantautore, che secondo gli inquirenti sarebbe stato scritto dallo stesso Tenco preannunciando il suicidio. Il pubblico presente all’Arion Esposizioni ha avuto modo di scoprire come, non solo quel biglietto non è stato rinvenuto sulla scena del crimine, ma soprattutto che, pur essendo stato scritto da Tenco, il suo messaggio nulla ha a che fare con il suicidio ma solo con un addio alle scene.
La stessa scrittura, analizzata dal professor Vincenzo Tarantino (fra coloro che hanno rilasciato una preziosa intervista all’interno del libro-inchiesta) rivela il reale stato d’animo del cantautore, consegnando alla storia del caso Tenco una nuova interpretazione del biglietto stesso. Tuttavia perché uccidere uno dei poeti illustri della musica italiana? Dalla scena del crimine fino alle motivazioni, l’inchiesta approfondisce tutte le ipotesi fino a oggi esistenti in merito all’omicidio: da Sanremo all’Argentina passando per il clan del marsigliesi e a presunti debiti contratti dal cantautore. Ma qual è la vera pista che ha portato alla morte di Luigi Tenco? Oltre quella sanremese esiste un’altra strada percorribile nelle indagini: l’Operazione Argentina. La morte di Tenco sarebbe stata insabbiata per più di quarant’anni per via del coinvolgimento dello stesso in un’operazione nascosta alle cronache del tempo e rivelata solo negli ultimi anni da un noto avvocato. Esisterebbe un filone di indagine che porta fino ai personaggi politici dell’epoca, fra i quali Aldo Moro, denunciando responsabilità ad alto livello, le uniche in grado di chiudere in fretta l’indagine nel 1967 e in grado di negare i risultati pro-omicidio frutto delle analisi del 2006 effettuate dall’Ert, trasformandoli in elementi pro-suicidio, fra errori e omissioni che solo il tempo potrà decretare quanto involontari. Si riapre quindi il caso Tenco con il chiaro obiettivo, da parte degli autori dell’inchiesta, di dare ampio spazio a quanto accaduto la notte fra il 26 e il 27 gennaio 1967, aiutando i lettori con una ricostruzione 3D dei fatti ma soprattutto fornendo una documentazione che di fatto avvia una nuova fase, certamente la più importante degli ultimi anni.


Il giornalista scava nel passato, raccoglie i documenti, cerca i testimoni ancora viventi. Si scontra subito con le contraddizioni. Perché, si domanda, il corpo senza vita del cantautore, appena trovato, fu portato all’obitorio per poi essere trasportato di nuovo nella stanza dell’Hotel Savoy? Perché Luigi Tenco, pur non essendo mancino, si sarebbe sparato alla tempia sinistra? Perché Dalida lasciò quasi immediatamente Sanremo dopo un breve interrogatorio e senza partecipare ai funerali?
Philippe Brunel scandaglia la tragica vicenda, partendo dall’esclusione della coppia dal Festival. Una forte litigata che li separa davanti al ristorante dove erano attesi dai responsabili della loro casa discografica, Tenco che torna in camera dopo aver svuotato un ultimo bicchiere al bar dell’albergo, la tragica scoperta, la polizia che viene chiamata mezz’ora dopo, il corpo portato via senza foto né rilievi e poi risistemato nella stanza, interrogatori sommari. E ancora, il giallo della pistola, che Dalida sostiene di non aver visto nella stanza, le testimonianze di Lucio Dalla e Sandro Ciotti, ospiti delle camere vicine che raccontano di essere stati svegliati da un urlo e non da uno sparo. Nessuna autopsia: la parola “suicidio” chiude un giallo appena aperto.

Un ruolo chiave viene attribuito a Lucien Morisse, l’ex marito di Dalida. Un ex incapace di rassegnarsi, quello dipinto da Brunel, che costruisce due ipotesi e racconta di una colluttazione tra il cantautore e Morisse, di cui sarebbe stata informata anche Dalida.
A uccidere Tenco potrebbe essere stato proprio Morisse e il delitto si sarebbe consumato non nella camera d’albergo, ma nel parco del Savoy. L’altra ipotesi ha il nome di una ragazza romana, Valeria. Al Savoy sarebbe scoppiato un furioso litigio tra Dalida e Tenco, che avrebbe comunicato a Dalida la sua intenzione di troncare la relazione per amore di un’altra donna. Da lì Tenco avrebbe tirato fuori la sua pistola minacciando di farla finita. Dalida assassina o testimone del suicidio?
Tante ricostruzioni, un unico interrogativo: cosa successe quella notte all’Hotel Savoy?







Mio appunto: tutto quello che asserisce il dottor Imposimato o qualsiasi giudice, è da non considerare, in quanto basati su una mente dichiarativa (c'è un foglio autentico, dice questo e quindi questo è accaduto, la carta parla sempre, purché siamo certi della sua autenticità, e altre forme di pensiero di tipo dichiarativo e concreto= La realtà e verità, è quella che emerge da dichiarazioni e fatti univoci, non esiste una multiversità della realtà, quanto piuttosto una univocità del pensiero che porta ad una conclusione, tipo di comunicazione Pragmatica, sillogica, estremamente fallace come sappiamo nel decifrare la complessità del mondo odierno).
Quindi non vi fate ingannare da pregiudizi: il fatto che una persona, professionista o specialiste che sia, asserisca delle cose o accenni a conclusioni, deve, dico deve da voi essere attentamente vagliato e analizzato  sia nella forma del pensiero manifestato, che anche nel contenuto, con i soliti criteri che conoscete (tempi, prossemica, espressioni micro, coloriture, sfumature, prosodia, intonazione, fluttuazioni, concretezza, idealizzazione, semplificazione, generalizzazioni, pensiero sillogico, eccetera). Ricordatevi che siete degli specialisti, non potete permettervi di ragionare in base a qualche istinto o simpatia o sentire.

Il video sotto, in previsione della sua cancellatura da you tube, ve lo faccio poi vedere io, dato che l'ho, casualmente, scaricato tre anni fa e lo conservo molto accuratamente, per dimostrarvi come l'analisi microfacciale sia importante nel capire quando qualcuno sta recitando un copione in modo coerente, troppo coerente, al punto che scappano da tutte le parti, per frazioni di secondi, espressioni particolari. Indubbiamente, il Commissario Molinari, all'epoca avvocato, era un professionista di alto livello, (che però non riesce a sfuggire alle nostre metodiche di indagine microespressiva).

Caso Tenco: l'intervista "BOMBA" di Paolo Bonolis ad Arrigo Molinari (Domenica In)


di La Verde Isola *

Premetto che molte delle cose che dice Molinari nell'intervista, sono vere.
E' vero che quell'anno come gli anni precedenti si scommetteva sulle canzonette e c'era un giro piuttosto GROSSO di miliardi ( che Tenco avrebbe denunciato l'indomani in una conferenza facendo nomi e cognomi ).
E' vero anche che i vertici della Rai esercitarono delle pressioni quella notte per sbarazzarsi di quel cadavere scomodo.
Molinari asserisce che Zatterin ( già defunto all'epoca della sua intervista, facile bersaglio dunque ) minacciò di chiamare il Presidente del Consiglio dei Ministri e di farlo "estromettere" se lui non avesse rimosso il cadavere, dunque lui "impaurito" non potè agire diversamente. Può anche essere vero e non lo metto in dubbio, tuttavia c'è qualcosa che non quadra: secondo l'intervista che avete ascoltato, Arrigo Molinari disse però di aver riportato il cadavere in stanza PER CONTESTARE LA DECISIONE di far continuare il Festival.
Ma come...NON TEMEVA che Zatterin chiamasse la "batteria" e/o la Presidenza del Consiglio dei Ministri?

Ovvio che no. Arrigo Molinari era un tesserato della p2.
La p2 aveva il comando su tutto, poteva dunque Molinari temere "minacce" da chicchessia fossero provenute anche dal papa?
E' poco credibile.
Cosi com'è poco credibile il fatto che il corpo fu riportato da Molinari nuovamente in stanza NON PER FARE LE FOTO ma per "contestare" la decisione dei vertici Rai di non sospendere il festival: il fotosegnalatore arrivò infatti alle 04:15 dopo il ritorno del cadavere in stanza, i rilievi furono fatti con la scena del crimine ormai "senza alcun valore giuridico". Il commissario vorrebbe farci credere di essere stato un "ingenuo" sprovveduto ma non mi risulta che dentro la p2, ci siano stati personaggi INGENUI, nè tanto meno SPROVVEDUTI.

Preciso una altra cosa: Marco Benedetto nel 2004 Amministratore delegato di Repubblica ma che all'epoca dei fatti era un giornalista dell'Ansa, telefona a Molinari e gli domanda di essere informato se per caso quella notte fosse accaduto qualcosa. Molinari infatti la prima cosa che fa quando viene a sapere la notizia è chiamare l'ansa.Domanda: come faceva a supporre Marco Benedetto che quella notte sarebbe potuto capitare qualcosa?Questo è un punto importante. Lo stesso Molinari lo ammette. Chi lavora all'ansa deve dare le notizie per primo certamente, ma dubito che tutte le sere Marco Benedetto telefonasse a Molinari per rammentargli tutte le volte la stessa cosa. Perchè proprio quella sera?? Se è vero che Molinari avvisa subito l'Ansa e se è vero che litiga con Zatterin che vuole occultare tutto e se è vero che Molinari fa riportare il cadavere sulla scena, perchè Molinari aveva interesse che quella notizia si diffondesse il più possibile? Non era forse il solo modo per fare apprendere ciò che era accaduto immediatamente agli organi della loggia a cui apparteneva per fare sapere che la tanto temuta conferenza stampa di Tenco non ci sarebbe stata, e che le scommesse potevano continuare indisturbate in tutta Italia?

Ho aspettato tanto, credo anni, prima di pubblicare quest'intervista ma prima volevo mettere a posto alcuni tasselli che fino a poco tempo fa mancavano. Cercherò di spiegarvi in maniera semplice "tutti gli ingranaggi" complessi che ruotano intorno a quest'intervista e a questa vicenda, se però non sto attento, rischio di annebbiare ulteriormente le idee che avete costruito e metabolizzato in questi anni nella vostra testa riguardo la questione.
Molinari accusa il Festival ed i vertici della Rai per tutto quello che successe quella notte ma la pistola diversa sotto i glutei di Tenco non ce l'ha messa Zatterin. E' quindi vero che la Rai ha fatto "pressione" ma anche lui ci ha messo del suo.
Molinari "parla" più volte delle scommesse clandestine e noi sappiamo che corrisponde al vero ( tant'è che Tenco le avrebbe denunciate l'indomani con tanto di nomi e cognomi ), però i piedi sotto il cassettone non li ha messi di certo la Rai, cosi come non è per via del Festival che le ferite lacero contuse sul viso di Tenco non sono state riportate sul referto della scientifica.

La Rai ha avuto sicuramente delle responsabilità nell'affaire Tenco ma le negligenze maggiori sono tutte da tributare al Commissario Molinari che:

- Avvisò l'Ansa del suicidio di Tenco prima di andare a vedere il cadavere;
- fece redigere un falso referto della scientifica dove peraltro non è presente neanche il fantomatico "biglietto d'addio" che infatti non verrà ritrovato da Molinari dentro la stanza ma gli verrà consegnato da "terzi" proveniente dalla camera 104 di Dalida ( di fatto rendendo di dubbia provenienza il corpo del reato ). Sullo stesso referto, non si fa menzione delle evidenti ferite presenti sul viso del cantautore. C'è quindi stato un PESANTE OCCULTAMENTO DELLE PROVE di cui sinceramente credo che la Rai c'entri ben poco.

Veniamo al nocciolo della questione:

Il Commissario Molinari nell'intervista soprariportata scarica tutte le colpe sulla Rai.
Ma la Rai sembra digerire bene queste accuse. Non ha mai ribattuto e non ha mai smentito le colpe che gli vengono attribuite.
Anzi stranamente da 44 anni POMPA LA MENZOGNA DEL SUICIDIO DI TENCO attraverso le sue 3 reti nazionali prendendosi tranquillamente tutte le colpe.
Perchè?
Questa è una domanda che mi pongo da diversi anni e sono arrivato ad una precisa conclusione:
che scaricare tutte le colpe sulla Rai Radio Televisione Italiana in fondo non danneggia nessuno, neanche la Rai stessa. Ormai sono passati 44 anni, e dare la colpa alla pressione "del Festival" è decisamente "più indolore" per tutti. Appare altresì strano che quando "irriducibili" complottisti incalzano con l'omicidio di Tenco e guadagnano terreno, in una delle tre reti appaiano, "precisi" come un orologio svizzero, seducenti SERVIZI SUL SUICIDIO DI TENCO.
Ma...se le colpe ricadessero anche sul Commissario, allora le cose cambierebbero perchè apparirebbe assai palese che quella notte lui abbia SIMULATO UN SUICIDIO inesistente.

COSA E' PIU' INDOLORE ?????

Io credo che il Commissario Molinari abbia parlato "a metà" ed abbia giocato bene le sue carte da Bonolis. Pensate, ha sparato a zero sulla RAI IN RAI...e la TV DI STATO non ha "reagito" o proferito parola sulla questione.
Quando questo accade, vien da pensare che nulla accade per caso. Molinari lo sa, prendersela con i più deboli non penalizza i deboli. Può sembrare un pensiero contorto ma ne è una chiara dimostrazione, quest'intervista che avete finalmente, dopo tanti anni avuto la fortuna di poter ascoltare. Mi auguro che anche stavolta le istituzioni ci leggano e pongano fine a quest'assurda farsa...perchè che la colpa sia di A o di B, a noi non importa, quel che a noi interessa è che la Magistratura riapra il Caso Tenco, ( com'è giusto che sia dopo le precise e pesanti accuse mosse ) e convalidi sulla base dei nostri 5 forti elementi compresi gli extra da noi pubblicati in questi 3 anni, l'omicidio di Luigi Tenco a carico di ignoti.
Una soluzione "indolore" che potrebbe mettere per sempre la parola fine...alla quarantennale "contesa".



Qui il caso trattato dal buon Decollanz


Qui il video della dottoressa Bruzzone, come un esempio, parziale, di come, una persona con una serie incredibile di corsi e titoli, compreso dei training a Quantico, pur di apparire in televisione, finisca per esprimere delle valutazioni o del tutto banali e scontate e questo in Tv accade spesso, (motivo per cui mi sono sempre tenuto fuori), oppure, riesca a passare per il genio incompreso, quasi che nel tempo, nonostante i profesionisti che si sono dedicati, a vario tipo alla morte di Tenco, costoro attendessero l'arrivo della Bruzzone, per ricevere la luce divina.
Cercate di tenervi fuori dalle videocamere, limitatevi a dare solo un parere molto circoscritto, e solo su cose che conoscete bene, che avete seguito dall'inizio e da vicino. La vostra reputazione ne guadagnerà, anche se il portafoglio di chi va in Tv si gonfia per i soliti meccanismo che conoscete. 
Comunque, occorre dire che la dottoressa Bruzzone e una self made woman, una che non è ricorsa al magnaccia di turno, come accade a tante altre persone, che per apparire in Tv si avvalgono delle interposizioni di figure quali politici, gente della massoneria, prefetti, questori, sindaci, e altre figure di rilievo (professori universitari, ampiamente dentro al giro che conta). 
Lo sapete, se mai vi capitasse, vi sentireste chiedere: quindi, secondo lei, ci sono delle persone che raggiungono delle posizioni e vanno in televisione perché sono spinte da altre figure? Ecco, questa è la domanda che alcune persone di estrazione giuridica ti potrebbero rivolgere e non potrete riderci sopra.  
Non potrete rispondere, ma scusi, lei in che mondo vive? Perché, secondo lei il bravo Dottor Vespa, perché è in Rai, per soli meriti? Certo, ti rispondono, perché lei conosce delle cose che provano il contrario? 
No, io non devo provare nulla, ma la mia opinione è che il Dottor Vespa, bravo o meno, è in televisione da tanti anni anche e soprattutto per la sua considerazione per l'Azionista di Maggioranza della rai. 

Come Pasolini, io so, so perché sono un intellettuale, non un giudice, non ho, nè mi preoccupo di trovare prove; semplicemente io so. E questo vale anche per Crozza, vale per Mentana, vale anche per la volpina, la bellissima signora Bianca Berlinguer, vale per chiunque voglia andare in Tv che non siano solo delle cretinate come Volo in diretta o altre buffonate. 
Vale anche per chi voglia scrivere sui giornali, dal momento che i giornali sono di proprietà privata (non sono dei media pubblici, come vi fanno credere). Ci scrivono solo chi decide l'editore e il proprietario e fino a quando gli pare (Mentana è stato schiaffato via quando non più voluto dalla proprietà. Ma anche sul giornalino della parrocchia, ci scrive solo chi è voluto dal Parroco, chiaro?).


Quindi toglietevi dalla testa che voi siete liberi di fare quello che vi pare, potete aspirare a qualsiasi posizione eccetera. Sono solo lavaggio di cervello. La verità è che se avete una posizione sociale di certo rilievo, oppure, se disponete di soldi, molti soldi, potete fare molte cose, che senza, pur disponendo di alto QI, non potreste fare. 
Del resto, se una bella ragazza ha un QI di 150 e ha lavorato per mantenersi anche agli studi, si è laureata e conseguito specializzazioni e perfezionamenti all'estero, come la Bruzzone, per restare nell'esempio, è chiaro che se volesse tentare di abilitarsi alla docenza universitaria e vincere una cattedra, si troverebbe infilata da tutte le brave ragazzone, con curricula altrettanto di elevato livello e QI identici, ma con in più dei parenti stretti, che sono dentro l'università, o sono dentro la macchina statale (questori, prefetti, alti funzionari eccetera, che se analizziamo le posizioni raggiunte dai figli e figli, vediamo che sono immancabilmente di alto livello come loro, parlo anche per esperienza, essendo stato diciamo amico di una figlia di alto funzionario, ragazza con un QI probabilmente superiore al mio, solo per dire). 

Perché, a voi risulta che ci sono qualche figlio o figlia di persone di alto profilo nello Stato, che hanno conseguito posizioni pubbliche in base ad oscuri meccanismi o peggio a fatti illeciti penalmente rilevanti? (Risata clamorosa!!!). Voi ridete, ma se finite davanti a qualcuno che ha autorità per porvi questa domanda, quando siete da soli, vedrete che non riderete più. 

La mia idola, Oriana Fallaci, mi raccontava che ha trascorso tante ore in attesa, seduta nelle poltroncine di finta pelle rossa dei Commissariati, senza concludere nulla, perdendo solo tempo, almeno lei aveva questa impressione, oltre al fatto che nessuno le offriva dello champagne fresco, come lei era abituata a sorseggiare. A ciascuno il suo mestieri, capite?

Questa situazione che ho descritto, è quella che alcuni studiosi di sociologia e sociobiologia definiscono come  relazioni disparitarie garantite= la disparità  è garantita dalla società stessa (le norme sono roba comunque sociale. E la disparità è anche relativa al trattamento economico, in considerazione che nessuno viene condannato per qualche cosa, dal medico al dirigente di polizia, al funzionario comunale eccetera E se qualcuno vi dice che ci penseranno loro a cambiare le cose, fatevi una bella risata.).
Un altro esempio di come le donne (ma non solo), si affacciano in Tv e la usano: da almeno 15 anni si vede una signora, una magistrata, che ci elargisce i suoi forbiti pareri su casi di omicidio, scomparse, violenze sessuali su minori e anche su adulti,  eccetera, e sappiamo che questa persona, oggi è anche.... 

REGIONE LAZIO, IL PDL PENSA DI CANDIDARE UN GIUDICE DONNA, SIMONETTA MARTONE

GIA’ PUBBLICO MINISTERO A ROMA, ATTUALMENTE AL DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA, POTREBBE CONTRIBUIRE A RIDARE UN’IMMAGINE PRESENTABILE AL PARTITO
Potrebbe uscire dalla magistratura la carta a sorpresa del centrodestra per affrontare le prossime elezioni regionali dopo lo scandalo dei fondi ai gruppi consiliari.
Alcuni settori del Pdl avrebbero puntato sull’attuale vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Simonetta Matone, già Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Roma.
Dopo Polverini dunque ancora una donna.
Volto noto anche al grande pubblico televisivo, grazie alle presenze nei programmi che trattano di casi giudiziari in cui sono coinvolti bambini e minori, Matone è il jolly al quale settori del centrodestra vorrebbero affidare la sfida a Nicola Zingaretti, il candidato del centrosinistra già in pista da tempo e accreditato di un considerevole vantaggio.
Magistrato dal 1980, dal maggio 1991 è stata Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Roma, con il grado di Consigliere di Cassazione.
Dall’agosto del 2011 è vice capo del Dap.
Roma, 7 mag. (Adnkronos) - Il capo di gabinetto del ministro per le Pari Opportunità, Simonetta Martone, spiega l'utilità dello strumento varato a ottobre 2009.

preso dal web, troviamo questa dichiarazione a Porta a Porta, non sappiamo se vera, ma forse lo è
Oggi, anche nei tribunali, il termine anagrafico tecnico per valutare un rapporto pedofilo su una vittima non parte dai tredici anni in giù come suggerivo io rivoluzionariamente e sensatamente quindici anni fa, bensì dai dodici anni in giù, affermazione prodotta dalla dottoressa Simonetta Martone del Tribunale dei minori di Roma in una non lontana puntata di "Porta a porta", (e la dottoressa Martone in fatto di valutazione di abomini veri e presunti e millantati - per estorcere denaro o rovinare la reputazione di un nemico o per una messa in scena con capro espiatorio - ha certamente più esperienza e ha filtrato più contraddittori e miserie e crudele dolore dissimulato e simulazioni di me - da qui, per velare la pallida malinconia da nausea di banalità del Male, suppongo, il liner agli occhi talvolta più marcato del mio).  http://dinosaurs.rssing.com/chan-1282121/all_p376.html

Solo per omonimia, un altro Martone, un vero genio, figlio d'arte è questo:
Michel Martone è di madrelingua francese.]. Michel è figlio di Antonio Martone[9], avvocato generale in Cassazione, ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Antonio Martone è stato presidente dell’authority degli scioperi e quindi della Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), nominato da Renato BrunettaNel 1997 Michel Martone consegue la laurea in giurisprudenza, presso l’Università La Sapienza di Roma, con una tesi sui "Profili di attualità della subordinazione", relatore Matteo Dell'Olio: ottiene una votazione di 110/110 e lode, con media finale 29/30 A 23 anni vince il dottorato di ricerca all'Università di Modena.[14][13] A 26 anni diventa ricercatore di ruolo all'Università di Teramo; a 27 anni, nel 2001, è professore associato didiritto del lavoro presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Teramo. A 29 anni, vince il concorso da professore ordinario all'Università di Siena, tenutosi tra gennaio e luglio 2003, rientrando così nell'1,5% di docenti ordinari under-40 Martone presentò due monografie, una delle quali in edizione provvisoria, successivamente selezionata tra i "Libri dell'anno nella scienza giuridica" dalla giuria dell'Istituto Luigi Sturzo.Ottenne 4 voti positivi su 5, con il parere negativo di Franco Liso Martone vinse il concorso a seguito del ritiro di altri sei candidati, cinque dei quali avevano già vinto un concorso in altre sedi.Dal 2005 è professore ordinario, sempre presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Teramo.[7][13]Avvocato del foro di Roma, è abilitato al patrocinio presso le magistrature superiori.È capo redattore della rivista Argomenti di diritto del lavoro, editorialista e cofondatore della rivista di approfondimento politico e culturale Zero.


Naturalmente, io vi posso portare decine di casi simili a quelli del nostro Michel, i quali però sono solo figli di un operaio o di un verduraio, comunque laureati con massimo a 23 anni, e tuto il resto. Nonostante tutto, vi potete immaginare che non conseguono la docenza e la cattedra, né diventano vice-ministri. La differenza, secondo voi, a cosa è dovuta? E poi, perché lo pensate? Avete delle prove a sostegno di quanto pensate? No?, allora siete solo dei calunniatori e diffamatori, o comunque delle persone che pensano male, fate parte del Popolo del male, Popolo dell'Odio, che semina odio sociale. E le cose non cambiano quando vostra figlia che vuole fare la giornalista in Rai, sentirà che le figlie di Augias, uomo di progresso, sono giornaliste rai, e certo non perché figlie d'arte (ars longa vita brevis) a meno che non si voglia calunniare o pensar male e fare peccato.

Domenica 18 Nov 2012, sulla rai3 un programma tardi, ha mostrato credo a Milano, il caso di un ricorso che annulla la nomina a docente di una persona, che nonostante tutto, continua a restare al suo posto, con l'università che presenta ogni volta nuovo concorso, che puntualmente rivince la medesima signora, insomma, continuando a restare (legalmente, a quanto sembra), al suo posto. E la ricorrente che ha vinto il ricorso, se ne sta a casa, continuando a fare ricorso ogni volta e vincendo.
Vi dico di questo solo per farvi capire che il diritto amministrativo (sono aprole di un amico docente di diritto pubblico) è una truffetta per fregare i cittadini. Secondo lui, non ci dovrebbe essere, valendo il principio civilistico del chi sbaglia paga, e a ciascuno il suo. Capite quindi che il diritto è un modo spesso contorto e perverso per amministrare le decisioni tra le persone, ma io non sono un giurista, ho solo fatto qualche esame ma non ne capisco che poco o nulla.
Prima che parta la pubblicità, tra una finta lacrima e l'altra, guardiamo, fino a che non lo tolgono, questo maestro della fiction televisiva, Pippo Baudo


Grande maestro di Fiction Tv, baudo viene poi smascherato dal più grosso professionista di fiction Tv, quel maniaco di Antonio Ricci, che ha scritto i testi di Beppe Grillo per Fantastico, prima di essere schiaffati via.

Il maniaco (la qualifica la fornisce l'amica Loretta Goggi, amichevolmente, si capisce) di Ricci ha sostenuto, con una serie di interviste e video, che si è trattato di una sceneggiata. Inoltre, anche quell'anno, fece mettere in una busta, un mese prima di Sanremo, il nome del vincitore e la consegnò a un notaio, che la riaprì a risultati noti, scoprendo che puntualmente, il nome del vincitore era stato azzeccato in pieno. Quindi Ricci è un veggente, secondo il pensiero dei giuristi. Poi vi farò vedere tutta la sequenza video, che una amica mi ha mandato via rapidshare.
Perché Ricci faceva questo? Per dimostrare che poteva affondare il Festival, solo se avesse voluto. E dimostra che nonostante tutte le schermaglie giuridiche, le inchieste e i controlli delle autorità, un semplice giornalistucolo, si permette di sapere come vanno le cose, e tutti fanno finta di niente, nessuno ha poi indagato o comunque spiegato il perché di quella chiaroveggenza, e hanno tirato avanti la macchina mangiasoldi chiamata Festival di Sanremo, fingendo che i 6 milioni che hanno visto lo sputtanamento, siano dei creduloni o dei cretinoni. 
Probabilmente la risposta sta nel chiedersi: perché qualcuno si fida più di Ricci che delle Autorità? (Perché, a voi risulta che qualcuno si fidi più di un signor Ricci, che delle autorità?).


Poi, non c'è solo il caso Tenco, ma da quel momento si è creato anche un Caso Dalida, che alla fine si è suicidata nel 1987 (venti anni dopo Tenco). Dobbiamo capire chi è Dalida, o almeno cosa potrebbe essere e che impatto ha avuto sulla sua vita la morte di Tenco. Lei gridò: " ...L'hanno ucciso! l'hanno ucciso!..." piangendo e singhiozzando (fonte Dossena).
Il primo che ha visto il corpo di Tenco nellla stanza sapete chi è stato? Dalida, il commissario Molinari, Zavattini, o chi altro? Del giro il primo è stato l'amico stretto e dirimpettaio di stanza Lucio Dalla. 
Un video mandatomi proprio da poco, ve lo mostro, rappresenta una tipologia di offender di strada, colpisce alle spalle una giovane donna, senza alcuna conoscenza di lei, solo per opportunità, e senza altro fine che lo scarico di una rabbia cieca. (la ragazza ha perso i sensi perché i circuiti propriocettivi si sono staccati, diciamo così, ma poi è ritornata in sé, si è ripresa e forse non avrà conseguenze fisiche di rilievo. Certo, quanto allo shock psicologico, si tratta di altro problema, non vi pare? Se guardate, vedete la ragazza che muove lievemente le gambe e i piedi, un buon segno neurologico, per quanto drammatico. Se vi capita di vedere cosa accade quando a qualcuno viene sparato in testa, vi rendete conto che i movimenti sono differenti.)
Diciamo che nella sfortuna gli è pure andata bene: se l'offender era un killer, l'avrebbe certamente uccisa con un colpo di coltello alla gola o simili. Ma non è detto che questo tizio non finisca per diventare anche un Serial Killer, se crederà di avere successo in queste aggressioni e vorrà ottenere più adrenalina e sangue.

La ragazza si era accorta che un tizio la seguiva da quando era uscita da casa, ma poi non si è accorta di quello che accadeva. Forse, avrebbe dovuto essere più prudente, più ossessiva, vi ricordate il freno a cosa serve no? Una personalità ansiosa e ossessiva, probabilmente non avrebbe continuato a camminare facendo finta di niente e sarebbe subito o rientrata a casa o infilata nel primo locale pubblico. Non sto dicendo che è colpa sua, solo notate che le caratteristiche della personalità della vittima sono spesso rilevanti per far o meno accadere un fatto violento.


Vorrei richiamare la vostra attenzione sul libero di A. Burgess, Arancia meccanica, che spero abbiate letto. Qual è la morale che si ricava dal film e dal libro, che è fedelmente rappresentato da Kubrick?
Ve lo dico io, così vi tolgo dall'impaccio. In due parole, la storia di Alex e combricola, serve all'autore per mostrarci che in definitiva, l'aggressività è impossibile da estirpare e comunque, anche quando si dovesse riuscire ad estirpare dall'individuo, si finisce per svuotarlo dei suoi requisiti vitali e individuali, nonché, lo si lascia in balia dell'aggressività altrui. In fin dei conti, Alex e amici erano dei devianti, esprimevano un'aggressività agita come violenza elettiva, come stile di vita scelto. 
Ma questa violenza, non è poi così diversa (se non nei meccanismi cruenti di Alex), da quella di un personaggio come un signor Bernie Madoff, uno dei tanti ebrei che in America, senza alzare una mano su nessuno, finisce per spennare decine e decine di migliaia di persone, svuotandoli delle loro sostanze, solo per assecondare il suo ego e la sua irrefrenabile brama sconfinata di possesso di potere tramite il denaro. 
Questo signore, faceva il tenutario di uno stabilimento balneare vicino New York, una zona frequentata da persone benestanti; con la sua abilità di creare rapporti, si è accaparrato nel tempo , la fiducia di molte famiglie ricche, cominciando a gestire una attività di assicurazione e poi di finanza. La fine, la sapete tutti: ha creato il più grande schema Ponzi della storia, pelando realmente migliaia di persone con patrimoni molto consistenti. Lui, la moglie e i figli vivevano in un lusso senza freni, con ville esclusive in Europa, America, isole esotiche, uno yacht di gran lusso e molte persone che giravano per loro. Oggi, un figlio, che l'ha accusato, ha finito per impiccarsi, gli altri due figli sono sotto programmi di aiuto governativi, la moglie è praticamente a mangiare presso le mense pubbliche di New York. Naturalmente, se la storia fosse avvenuta in Europa e in Italia, dubito che sarebbe finita con simili tragici epiloghi per i Madoff. L'Europa infatti, si vanta di possedere una cultura e civiltà giuridica più elevata di quella Americana, che in realtà deriva pari pari da quella anglosassone. Per esempio, immaginatevi se il procuratore di New York (eletto dai cittadini), avesse fatto un processo a quella signorina cubana che accusò il potente ebreo franco-tedesco capo della banca europea, di averla violentata. Se poi avessero finito i dieci, venti o trenta avvocati assoldati dall'accusato, per provare la sua innocenza o non colpevolezza o altre formule, che non conosco, tanto sono dei puri sofismi, o segh.. mentali, se preferite, sapete cosa sarebbe accaduto, al povero Attorney General?
Sonja Kohn e Bernard Madoff Queste sono le facce di due tra i delinquenti e aguzzini più violenti e feroci al mondo, anche se non sembra e non hanno mai alzato una mano su una mosca, La signora nella foto è l'anima gemella Sonja Kohn, Banca medici (un nome già sentito?).
Che alla fine si sarebbe trovato un conto da pagare di decine di milioni di dollari, come risarcimento del torto subito, che la Procura di NY avrebbe dovuto cacciar fuori, con il risultato di dover licenziare una ventina di persone e poi di chiudere qualche sezione, oltre al signor Procuratore Generale, che sarebbe stato arrostito come una castagna, dalla stampa e dai cittadini. 
Invece, cosa succede in Europa e in Italia? basta vedere il caso Tortora: tutti i suoi giudici e ministeri, hanno fatto carriera, come se nulla fosse, continuando a vivere alla grande, senza porsi il problema di aver rovinato la vita di un innocente, dando peso ad avanzi di galera, che hanno fornito solo un castello di cartone pressato.
Vediamo cosa succede a questo signore, tale Gianfranco Lande, che sembra al centro di un giro da 50 milioni di euri di vip della Roma 'bbene. Però, occorre segnalare che: molte persone che sarebbero state truffate, non hanno sporto denuncia, i soldi giravano come trottole, senza che nessuno si accorgesse di nulla (nessuno non è Ulisse ma certamente chi di dovere, nevvero?); queste persone inoltre, non si accontentavano di un misero 3 o 4 per cento, come me, no, volevano almeno il 12 o 15%.
Inoltre, i presunti truffati sono certo stati fatti tutti i controlli per capire se i soldi erano stati assoggettati a tassazione, siamo certi, siamo certi?



Nove anni, capito, e i truffati sono contenti, mentre in America gli avrebbero affibbiato almeno una ventina d'anni.



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Cominciamo a raccogliere gli elementi che ci servono per tentare di risalire ad un profilo del funzionamento personologico del nostro amato Luigi tenco, con rispetto per lui ma anche con rigore scientifico.
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Spostiamoci in altro link, se no facciamo troppa confusione.
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